Le gemme e i cammei del Museo di Como

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Le gemme e i cammei del Museo di Como

Il nostro Civico Museo Archeologico Giovio ospita una significativa raccolta di gemme su anelli in bronzo, scarabei, intagli in pietra dura, cammei, riproduzioni in vetro di pietre incise.

Si tratta di un tesoro di oltre 140 oggetti, antichi e post-antichi. Tradizionalmente la collezione è attribuita ad Alfonso Garovaglio (Cantù 1820 – Milano 1905).

 

Le gemme antiche: iconografie e fruitori

Intagli antichi, simili a quelli conservati a Como, erano molto diffusi tra il I secolo aC e gli inizi del III secolo dC.
Queste pietre ornavano anelli e gioielli indossati da uomini e donne, patrizi e plebei, soldati e mercanti, cittadini ed ex-schiavi. Come ricorda Plinio il Vecchio, i meno abbienti usavano le riproduzioni di vetro.

Le gemme di Como presentano le iconografie più diffuse:

  • divinità; come Giove o Minerva,
  • personificazioni; come Africa o Vittoria (figura 1),
  • animali;
  • simbol; politici o beneauguranti.

Le gemme seguivano spesso i defunti nella tomba. Conosciamo bene questa usanza dai ritrovamenti nelle necropoli e dalle tracce di combustione da rogso funebre rimaste su molte pietre.

Un esemplare conservato al Museo, lo possiamo vedere con queste tracce. Esso raffigura un Giove seduto in trono, ed è montato in un anello di ferro (figura 2).

Cammei di Como con Vittoria alata e Zeus assiso in trono

Il “Cammeo di Cartagine”

Alfonso Garovaglio, eminente Ispettore agli scavi e monumenti di Lecco e Como, donò la sua raccolta al Museo di Como; tuttavia solo in pochi casi è possibile riconoscere con certezza le gemme citate nelle fonti.

La gemma più famosa della raccolta potrebbe essere il cammeo da Cartagine, che raffigura una cerimonia notturna, forse un culto di Iside, in riva al mare.

Secondo Regazzoni, Garovaglio in persona raccolse questo esemplare tra le rovine della città, durante un viaggio in Tunisia nel 1865.

Non si tratta di un cammeo, bensì di una versione più semplice, che sfrutta nell’intaglio il contrasto di colori bianco e arancione di una particolare pietra, il calcedonio. Questo tipo di quarzo era molto usato nella preparazione di cammei. (figura 3).

Cammeo di Cartagine, probabilmente raccolto da Garovaglio e donato al Museo di Como

Le gemme non antiche

Anche gli esemplari non antichi della raccolta ( XVI secolo – prima parte del XIX secolo) offrono una varietà di soggetti e stili interessanti.

Ne analizziamo alcuni esempi:

  • Il cammeo in conchiglia con Zeus su un carro trainato da grandi volatili (figura 4) ci può ricondurre a una produzione italiana di “massa”, del XVI-XVII secolo. Si tratta di piccoli cammei anonimi, la cui diffusione si spiega con il ritorno del cammeo come ornamento, indossato o applicato come decorazione su oggetti.
  • Un’altra produzione vastissima, risalente al XVI-XVII secolo, è quella cosiddetta dei “lapislazzuli”. Diffusa in Italia settentrionale,  a questa produzione appartengono intagli con figure e teste di profilo.
  • Particolare interesse riveste l’intaglio a “pseudo cammeo”. Un esempio raffigura Apollo tra un guerriero greco e uno troiano intento a rifugiarsi in città. Sembra palesemente una scena tratta dall’Iliade, spiegata in modo diverso dai vari studiosi (figura 5). La gemma riproduce, con alcune differenze, un famoso e discusso intaglio (forse non antico), da secoli elogiato e copiato.

Cammei di Como con Zeus alato e scene dell'Iliade

Paste vitree

Spiccano, grazie ai colori vivaci e luminosi, le numerose paste vitree presenti al museo Giovio.  Esse consistono in repliche di vetro di pietre incise.
Nella collezione non mancano le matrici vitree da cui ricavare calchi in gesso o ulteriori paste.

Due di esse riproducono opere di Giovanni Pichler, l’incisore più celebre e influente della seconda metà del XVIII secolo:

  • una pietra intagliata con lo Spinario, famoso bronzo antico, oggi conservato a Roma, al Museo Conservatori;
  • un secondo intaglio con Eros incatenato, che si appoggia alla zappa.

Le paste vitree avevano spesso come acquirenti i viaggiatori che, secondo la moda del Grand Tour, affluivano a Roma e le acquistavano, quali souvenir. Preziose e facilmente trasportabili, le gemme raffiguranti i capolavori d’arte antica e moderna erano l’acquisto ideale.

Tra questi ultimi, una bella pasta vitrea riproduce la Notte, un rilievo ammirato e popolare del famoso scultore neoclassico Bertel Thorvaldsen (figura 6).

La raffigurazione della Notte, opposta al Giorno, fu replicata su scala quasi industriale, in formato ridotto e in diversi materiali; tanto grande fu il suo successo nelle gemme.

Cammeo di Como moderno con rappresentazione della Notte alata

di Alessandra Magni & Gabriella Tassinari
Link e riferimenti:
  • Sena Chiesa, Gemme del Museo Civico di Como, in “Arte Lombarda”, 1963, vol. 8, n. 1, pp. 44-50.
  • A. Mastrocinque,  Como, Museo Civico Archeologico P. Giovio, in Sylloge Gemmarum Gnosticarum, II, a cura di A. Mastrocinque, “Bollettino di Numismatica”, Monografia, 8. 2. II, 2007, pp. 28-29.
  • Magni, G. Tassinari, Gemme vitree, paste vitree, matrici vitree. Qualche osservazione a margine dello studio delle raccolte glittiche di Verona e Como, in “Atti del Primo Convegno Interdisciplinare sul vetro nei beni culturali e nell’arte di ieri e di oggi (Parma, 27-28 Novembre 2008), Parma 2009, pp. 97-116.
  • Magni, G. Tassinari, La collezione glittica diAlfonso Garovaglio, in Alfonso Garovaglio archeologo, collezionista, viaggiatore, a cura di M. Uboldi, G. Meda Riquier, Como 2010, pp. 161-181.
  • Tassinari, Osservazioni sulla produzione di paste vitree nel XVIII secolo e il caso di Venezia,in “Journal of Glass Studies”, 2010, 52, pp. 167-199.
  • Tassinari, L’Iliade, un intaglio Marlborough e una gemma al Museo di Como, in “Rivista Archeologica dell’antica provincia e diocesi di Como”, 2018, 200, pp. 28-50.